L'allegra
atmosfera che pervade uno dei due minuscoli vagoni ferroviari sembra
quella di una scolaresca in gita premio; assieme agli amici del Club
Touristi Triestini sto infatti per partire dalla stazione di Sežana
verso Bohinjska Bistrica, con l'intento di fare una passeggiata lungo
le rive del lago di Bohinj. L'escursione a cui ho il piacere di
partecipare è stata organizzata nell'ambito della campagna di
sensibilizzazione tesa a valorizzare la tratta dell'antica
Wocheinerbahn, parte della Ferrovia Transalpina costruita al tempo
dell'Impero austro - ungarico per collegare l'area adriatica e
principalmente il porto di Trieste, a quella dell'Europa Centrale.
I
vari rilevamenti geologici necessari a sondare il percorso,
iniziarono già nel 1898, mentre le numerose opere d'ingegneria,
dislocate lungo il tracciato, assolutamente ardite per l'epoca,
videro impegnato, tra il 1900 e il 1906, un cospicuo numero di
esperti, maestranze e parecchi manovali provenienti da varie regioni
delle cosiddette Vecchie province. Le gallerie, i ponti e i viadotti
realizzati permisero di collegare al mare l'area del Goriziano,
dell'Isontino, di Bohinj, Bled e Jesenice, incrementando lo sviluppo
dell'industria del legno, del commercio di prodotti agricoli e
l'afflusso di visitatori da Trieste e Gorizia.
Lungo
il percorso, da ambedue i lati, il panorama non è mai monotono.
Lasciando alle spalle il Carso occidentale col monte Nanos sullo
sfondo, si toccano vari borghi, per lo più in cima ai colli, eretti
sui resti di antichi castellieri. Tra tutti, il più pittoresco è
quello di Štanjel/S. Daniele del Carso, che alla base del borgo
medievale conserva ancora le vestigia della civiltà Halstattiana. Ai
vigneti del Goriziano, dopo il superamento del gigantesco ponte di
Solkan/Salcano, che tra tutti quelli della vasta rete vanta il
maggior arco di pietra, si entra nella gola del fiume Soča/Isonzo
che s'insinua tra i monti fino al borgo di Most na Soči/S. Lucia. La
temperatura del fondo valle, nonostante la mitezza di questa fase
dell'inverno, è ovviamente rigida per l'assenza dell'insolazione,
sicché la galaverna, prodotta dal gelo che fissa la forte umidità,
crea splendidi merletti sui rami delle piante. Con l'avanzare del
giorno, il modesto riscaldamento dell'aria provoca comunque la
sublimazione dei cristalli di ghiaccio; l'acqua, nel passare
direttamente dallo stato solido a quello gassoso, produce nuvole di
vapore che dal bosco salgono velocemente creando un effetto quasi
magico.
La
confluenza dei fiumi Idrija/Idria e Soča/Isonzo è uno spettacolo
splendido, anche se l'apporto idrico è in parte ridotto a causa
della lunga siccità. L'area racchiusa dai due potenti corsi d'acqua
che nei secoli hanno costituito un notevole baluardo naturale di
difesa, ha permesso l'insediamento dell'uomo già dalla fine dell'età
del bronzo, come testimoniano le oltre sette migliaia di siti di
sepoltura, risalenti soprattutto a quella del ferro. L'antica
comunità culturale, denominata dagli archeologi civiltà di S.
Lucia, ha prodotto infatti un notevole numero di preziosi artefatti,
attualmente custoditi nei musei di Vienna, Trieste e Gorizia nonché
in quello locale.
Da
questo antico e importante centro di scambi commerciali, la ferrovia
prosegue in leggera salita attraverso la Baška Grapa/Valle della
Baccia fino al traforo di Podbrdo/Piedicolle, lungo ben 6.339 metri,
alla cui costruzione parteciparono in prevalenza mastri tagliapietre
italiani e croati.
Il
tunnel si apre a Bohinjska Bistrica e la ferrovia prosegue fino a
Bled e Jesenice, ma il nostro viaggio in treno termina qui, poiché
si prosegue in autobus fino al lago di Bohinj. Il sole è all'apice
del suo percorso e solo un filo di vento increspa le acque limpide in
cui si specchiano le ripide pareti della Komarča. Dal monumento
dedicato ai quattro valorosi che per primi scalarono il
Triglav/Tricorno il 26 agosto 1778, si scorge solo la punta del
titano che con i suoi 2.864 metri rappresenta il monte più alto
della Slovenia, fonte dell'orgoglio nazionale e quindi sibolo del
Paese. La salita dei primi intrepidi, durata ben tre giorni e
sostenuta materialmente dal barone Žiga Zois, venne in parte
dedicata alla ricerca di giacimenti ferrosi che avrebbero
eventualmente rifornito l'industria fondiaria della Valle di Bohinj,
che all'epoca si trovava all'apice del suo sviluppo. Non si deve però
pensare che questo illustre personaggio fosse legato solo agli
affari; egli dedicò altresì molta parte del suo tempo libero agli
studi naturalistici ed a lui è dedicata anche la splendida Campanula
di Zois, endema delle Alpi e Prealpi Giulie e Carniche.
Dopo
il ponte che porta a Stara Fužina, a sinistra si stacca il sentiero
che circonda il lago, le cui rive conservano ancora l'aspetto
originario, a differenza di quelle in muratura che cingono invece il
lago di Bled, più antropizzato e quindi molto meno interessante dal
punto di vista naturalistico. Una simile accortezza è una buona
garanzia per la stabilità dell'ecosistema lacustre, alla quale
contribuisce anche la vegetazione limitrofa che preserva i declivi
dall'erosione. Purtroppo, a rompere la perfezione ci sono parecchie
piante invasive di poligono giapponese, che soppiantando le specie
autoctone rubano a quest'ultime parte del territorio. Per quanto
riguarda invece le acque, l'immissione del pesce persico, la cui
popolazione è in rapida salita, rappresenta una minaccia più seria,
essendo una specie predatrice che non disdegna, oltre alle larve e
agli insetti, anche le uova di altri pesci.
La
giornata serena e quasi tiepida permette di ammirare tutte le cime
che fanno da contorno al lago d'origine glaciale e che a causa di
questo strano inverno stanno ancora attendendo la neve; secondo le
previsioni, quest'ultima non tarderà però ad arrivare. Nel
frattempo, in questa sorta di preludio al gelo, centinaia di germani
reali prendono il sole o vanno a caccia di cibo, immergendosi con
coda e zampe all'aria. Sulle rive, nel sottobosco di faggi e pecci
fanno già capolino i timidi fiori del velenosissimo elleboro nero,
sbocciati precocemente a causa delle temperature insolitamente
elevate.
La
sponda opposta, che in questa stagione invece non viene mai colpita
dal sole, è assolutamente gelida e le piante sono coperte da un
abbondante strato di galaverna.
Il
sole scompare velocemente dietro al Vogel; ben presto calano le ombre
della sera e il freddo si fa pungente. Alla stazioncina di Bohinjska
Bistrica due fari lacerano il buio della notte: il trenino, caldo e
accogliente, è quello che ci vuole per fare ancora un per de ciacole
fino al momento dell'arrivo al capolinea.
Chiara
Veranić
L’ articolo verrà pubblicato a breve su LA VOCE DEL POPOLO quotidiano di Fiume/Rijeka, disponibile anche a Trieste p.es. in Galleria Rossoni.